Mi trovavo di fronte ad una bella donna: anzi ad una gran bella donna. Poi ne arrivò un’altra, altrettanto bella, anche se non assomigliava alla prima, ad eccezione dei piedi, che erano identici o quasi a quelli dell’altra. Ma la mia attenzione per i piedi è un’altra storia, che forse risale a quando ero ancora ragazzino e mi presi una cotta per una donna che aveva vent’anni più di me e piedi magnifici, sempre incorniciati in “ballerine” molto aperte. E da allora quando guardo una donna, per prima cosa le ammiro i piedi, che devono essere snelli, affusolati, con una leggera cavità che ne solleva la pianta, connessi ad una caviglia di vibrante magrezza. Ma, ripeto, questa è una storia tutta mia, e serve solo a dimostrate che i canoni della bellezza umana sono estremamente variabili e recepiti in modo differente da ciascuno di noi. E credo ciò valga altrettanto per la bellezza maschile.

Per i cani invece no, perché esistono gli “standard morfologici” che stabiliscono oggettivamente come deve essere l’aspetto delle singole razze e quindi se e quando un cane può essere definito bello.

Qui però vorrei fare una divagazione.

Mia moglie mi ha portato a casa una cucciola meticcia che altrimenti sarebbe finita al canile municipale. Giunta all’età di quattro o cinque mesi la bastardina si è messa a fermare in modo molto espressivo i piccioni che spesso arrivano nel mio cortile. Allora ho provato a mettere una quaglia nel prato del mio giardino e la bastardina l’ha fermata con grande espressività. Mi sono quindi informato su chi fossero i genitori ed è risultato che il padre è un Setter e la madre una “quasi Labrador”, figlia cioè di un Labrador e probabilmente di un cane da ferma a pelo raso (Kurzhaar, o Vizla, o Warmarainer). Sono quindi riuscito a rintracciare 4 dei 10 fratelli della mia bastardina, dei quali – sottoposti alla prova con la quaglia – due son risultati anche loro fermatori. Non sto qui a dilungarmi sull’attendibilità del fenomeno, che però rientra perfettamente negli schemi della genetica dei comportamenti. Resta il fatto che per riconoscere l’attitudine alla ferma di quei bastardini, ho dovuto sottoporli alla verifica con la quaglia. Ciò invece non sarebbe stato necessario per un cucciolo di Bracco o di Spinone perché “la ferma” fa parte del patrimonio comportamentale della loro razza, facilmente identificabile per le loro caratteristiche morfologiche.

Tempo fa ho visto un documentario girato in un Paese dell’America Latina, in cui cinque o sei mandriani a cavallo, ciascuno coadiuvato da due o tre cani, guidavano un grande branco di bovini. I mandriani interrogati da un intervistatore dichiaravano che – senza l’ausilio dei loro cani – il loro lavoro sarebbe impossibile; ed ammettevano spontaneamente che quei cani facevano il lavoro senza alcun insegnamento, cioè in virtù di qualità trasmesse geneticamente. Da notare che la dozzina di cani in campo avevano in comune solo la taglia media, ma morfologicamente non si assomigliavano in nulla: c’erano cani a pelo raso ed a pelo lungo, di colori tutti diversi; alcuni con orecchie in piedi, altri con orecchie pendenti; vale a dire che l’unico modo di identificare quei “cani mandriani” era di metterli alla prova sul campo.

Il che ovviamente non è sempre facile e comodo.

E proprio a questo fine sono stati creati gli standard morfologici, grazie ai quali alle capacità comportamentali trasmesse geneticamente, corrispondono anche caratteristiche estetiche che consentono di identificare a prima vista i cani dotati dei comportamenti desiderati; da notare che solo in qualche caso le caratteristiche morfologiche sono funzionali per il compito che la razza deve svolgere (vedi per esempio le gambe molto corte del Bassotto per facilitargli l’ingresso nelle tane); anzi, in certi casi alcune caratteristiche morfologiche utili alla funzione della razza non sono neppure citate negli standard (vedasi il portamento orizzontale della coda delle razze da ferma ed il pelo raso intriso del cerume che lo rende impermeabile).

Le Esposizioni hanno per l’appunto lo scopo di certificare l’esistenza delle caratteristiche morfologiche che consentono di identificare a prima vista la razza geneticamente dotata di determinati comportamenti. Per stabilire la qual cosa, ovviamente, basterebbe l’esito di un’unica Esposizione. Ed invece i cani partecipano assiduamente alle Esposizioni, non per motivi zootecnici, ma unicamente per gratificare i loro proprietari (creando così un efficace incentivo aggiuntivo ad allevare cani di razza).

Faccio un salto indietro nella mia lunga memoria, quando – da poco nominato a far parte del Direttivo SABI – feci approvare la delibera secondo la quale il CAC in Esposizione può essere concesso solo in “Classe Lavoro”. L’ENCI non solo ratificò la delibera, ma estese a tutte le razze da ferma quel provvedimento.

La logica evoluzione di quel provvedimento avrebbe dovuto mirare a consentire la partecipazione alle Esposizioni solo ai cani che avessero positivamente superato la verifica dei comportamenti… ma ovviamente è solo un sogno ad occhi aperti.

Personalmente non ho mai fatto partecipare assiduamente i miei cani alle Esposizioni perché trovavo senza senso andare a farmi dire da un “Giudice generalista” i difetti ed i pregi dei miei cani che  conoscevo perfettamente. (Ben diverso è invece il senso delle prove di lavoro, nelle quali il cane deve affrontare situazioni sempre diverse e particolari; quindi ogni prova è una storia a sé ed il pluri-vincitore dimostra una apprezzabile versatilità).

In conclusione, per i cani di razza il concetto di “bellezza” è strumentale all’identificazione dei cani dotati dei desiderati comportamenti.

Per i meticci invece la “bellezza” consiste nell’armonia, nell’espressione, nella distinzione (cioè un po’ come per le belle donne).

Il problema però è che oggigiorno gli utilizzatori delle funzioni dei cani sono estremamente diminuiti e che anche ai “cani da lavoro” viene sempre più spesso chiesto di essere “da compagnia”.

Per aggirare il problema dei cani da ferma ci siamo inventati le PAV (Prove di Attitudine Venatoria) ovvero una verifica effettuata dalle Società Specializzate per certificare l’esistenza delle doti comportamentali, senza tener conto degli effetti dell’addestramento necessario ad una positiva partecipazione alle “prove di lavoro”. In teoria ciò avrebbe dovuto essere una funzionale verifica anche per i cani da ferma in possesso dei “non-cacciatori”, ma in pratica così non è stato perché il “non-cacciatore” non accetta che il cane si allontani per svolgere una cerca funzionale. A questo proposito mi dicono che il Consigliere di una Società Specializzata, per ottenere la partecipazione di cani di “non-cacciatori”, ha dovuto far svolgere la PAV in un’area recintata!!!. In altre parole c’è bisogno dell’opera di un addestratore… per insegnare al “padrone-non-cacciatore” come utilizzare il suo cane. Ciò è molto diverso da quanto accade con gli attuali dresseur di cani da ferma, che si prendono in carico il cane in forma stabile, lo addestrano, ci fanno le prove….il tutto a fronte di salate parcelle!. Il dresseur che insegna al padrone come gestire il suo cane è invece la norma nei Paesi del Nord (per esempio in Scandinavia). Ed a questi tipi di intervento dobbiamo ispirarci per ottenere che i cani da ferma dei non-cacciatori preservino le caratteristiche comportamentali che contraddistinguono queste razze.

La soluzione più semplice sarebbe di coinvolgere gli addestratori di Obedience, che già ora affiancano i proprietari dei cani. Si tratta cioè di incoraggiare questi professionisti ad ampliare l’attuale loro area di intervento, anche grazie alla collaborazione delle Società Specializzate.

Una cosa comunque è certa;

Il problema esiste ed è grave, perché – soprattutto per le razze esteticamente attraenti – sono già numerosi i soggetti “da ferma” che hanno perso l’istinto predatorio necessario per una cerca efficace….e che probabilmente hanno anche smesso di fermare. Casi del genere sono ormai molto numerosi all’estero, ma anche da noi è sempre più frequente trovare (per esempio) Setter Irlandesi da salotto, Bracchi italiani o Bracchi Ungheresi che sono a loro agio più sul divano che in campagna.