La guidata analizzata in funzione del comportamento della selvaggina e l’irragionevole richiesta della guidata a comando. L’accostata, madre dei vizi.
Sulla guidata esiste confusione anche fra gli esponenti della cinofilia che hanno avuto la responsabilità di redigere i regolamenti delle prove a livello Europeo.Cercherò qui di far chiarezza. La guidata è l’azione mediante la quale il cane, dopo aver fermato un selvatico, si mantiene in contatto olfattivo con lui – se e quando questi tenta di sottrarsi a piedi: Se il selvatico “regge”, il cane deve rimanere rigorosamente ed espressivamente in ferma.Se invece il selvatico fermato tenta di andarsene di pedina, il cane deve spontaneamente guidare per seguirlo e quindi fermarlo nuovamente. Per approfondire il tema, bisogna innanzitutto tener conto del comportamento del selvatico: quando viene fermata da breve distanza la selvaggina alata non pedina, ma si schiaccia a terra cercando scampo nell’assoluta immobilità (*). Quando invece è fermata da lontano, a volte cerca di sottrarsi a piedi (**); in questo caso il cane – mantenendo l’atteggiamento di ferma a testa alta che gli ha consentito di avvertire a distanza l’emanazione – guida per mantenere il contatto olfattivo con il selvatico che si allontana. Ed allora il selvatico, rendendosi conto che malgrado la fuga a piedi il pericolo è ancora incombente, come ultimo scampo prima di mettersi in volo cerca la salvezza nell’immobilità. Sta di fatto che, se non viene “caricato”, il selvatico che si allontana di pedina arresta sempre la sua fuga prima di volare, dando così al cane l’opportunità di eseguire la ferma conclusiva. Quindi la guidata è l’azione che il cane compie fra la ferma iniziale e la ferma conclusiva, per la quale necessita di ottime doti olfattive, grande capacità di discernimento e di equilibrio che gli consentono di mantenere il contatto olfattivo con una fonte che si sta allontanando, senza per altro accorciare la distanza che lo separa dal fuggitivo per non provocarne l’immediato involo. Se infatti il selvatico si mette in ala mentre il cane sta guidando, ciò rappresenta un errore assimilabile alla “forzatura” della ferma. Può capitare che il fuggitivo, soprattutto se si sente protetto da un ambiente a lui favorevole (per esempio un fagiano nel bosco) acceleri la corsa tanto da mettere in difficoltà il cane che lo segue, facendogli perdere l’emanazione diretta sospesa nell’aria; in tal caso può accadere che il cane interrompa la guidata propriamente detta per aiutarsi seguendo la traccia lasciata a terra dal fuggitivo, cosa che però gli impedisce di verificare a quale distanza si trova il fagiano, con il conseguente rischio di provocarne lo sfrullo. Ed uno dei motivi per i quali la caccia del fagiano nel bosco non è l’ideale per i cani da ferma. Ciò premesso, è un non-senso la richiesta dei giudici d’Oltralpe che la guidata avvenga solo “a comando” perché il conduttore non è in grado di sapere se il selvatico si sta effettivamente allontanando a piedi o se è ancora immobile, ovvero se si stiano verificando le condizioni oggettive per eseguire la guidata. Avviene cioè che – in attesa del comando di guidare – il selvatico può tranquillamente allontanarsi facendo inevitabilmente perdere al cane il contatto olfattivo, per riagganciare il quale deve riprendere la cerca…ed è proprio questa la fase in cui è più probabile avvenga lo sfrullo; e se invece il cane non riesce a riprendere il contatto, la sua diventa una “ferma in bianco”. È plausibile per il giudice chiedere al conduttore di concludere, facendo accostare a comando? (cioè chiedere di ridurre la distanza che divide il cane dal selvatico per indurlo al volo?) È giusto imporre un’azione che introduce una pessima abitudine nel cane che – quando è in ferma – dovrebbe restarci a qualunque costo finché il selvatico regge? In teoria questo dovrebbe essere un falso problema perché un selvatico vero – fermato dal cane e successivamente affiancato dal conduttore – regge per non più di un minuto, al massimo due … poi esplode in volo. Questo in teoria … su selvaggina vera. Su selvaggina liberata invece può accadere che il pennuto non voglia saperne di alzarsi in volo anche quando è avvicinato dall’uomo, che non teme perché in un recente passato lo vedeva entrare nella voliera un paio di volte al giorno per portargli da mangiare. Quindi può essere necessario far eseguire al cane l’accostata per indurre il frullo … che rimane comunque una brutta azione in quanto costringe il cane a forzare la ferma. In questi casi molto meglio sarebbe consentire al conduttore di sopravanzare il cane in ferma: ed invece una simile soluzione è considerata un’eresia!!! Ma lasciamo in disparte l’abominevole accostata e torniamo alla guidata. Esistono cani che fermano …e poi non guidano. Perché? Le cause potrebbero essere tre. Un motivo potrebbe essere la scarsa selettività olfattiva, ragion per la quale il cane resta in ferma sulla emanazione lasciata dal selvatico, che invece si è allontanato di pedina; il cane cioè non guida perché – non distinguendo l’odore proveniente direttamente dal selvatico rispetto a quello della “calda” – crede che il selvatico sia ancora immobile dove lo ha fermato. Ed è certamente un cane che fa spesso ferme in bianco. Un altro motivo potrebbe essere un troppo rigoroso dressaggio mirato alla correttezza al frullo, probabilmente basato su drastici interventi punitivi che hanno sradicato l’impulso ad inseguire, instillando così una insuperabile immobilità in ferma. Una variante di questa situazione può essere causata da fragilità caratteriale che paralizza il cane tanto da provocarne l’immobilità anche quando l’emanazione della selvaggina è venuta meno. Nel primo caso, il rimedio è proprio il ricorso alla guidata a comando che nasconde le magagne della scarsa selettività olfattiva. Nel secondo caso si potrà trovar rimedio nell’incoraggiare la rincorsa. Nell’ultimo caso si dovrà sopperire al carattere debole con pazienti ed amorevoli incoraggiamenti.
Cesare Bonasegale
(*) Ad eccezione della quaglia che tenta di sottrarsi di pedina anche quando è fermata da breve distanza.
(**) Questo non è il caso del beccaccino, che pedina solo in pastura.
GUIDATA ED ACCOSTATA di Cesare Bonasegale