L’estate 2020 si è ovviamente presentata carica di incognite; il tanto desiderato viaggio nella Lapponia svedese, fino all’ultimo, ha subito variazioni e cambiamenti, ma, data la nostra determinazione e lo smisurato desiderio di partire, ogni difficoltà è stata superata. Il 28 agosto ho raggiunto Attilio Bottoni ed insieme ci siamo diretti verso Linate. Per lo scrivente si sarebbe trattato dell’ennesimo viaggio in Scandinavia, mentre per Attilio sarebbe stato l’esordio.  La destinazione era Dorotea dove ci attendeva Salla Finnilä, nota allevatrice finlandese di Spinoni da lavoro con l’affisso Riekonnaurun. Christian, il gestore dei terreni di caccia esclusivi, ci avrebbe messo a disposizione due zone amplissime, direi infinite. Il giorno seguente si sarebbe poi riunito tutto il gruppo Riekonnaurun, limitato in questa occasione dalle problematiche legate alla pandemia, costituito da cacciatori spinonisti finlandesi: Simo con R. Utu, Ari con R. Unna, Jyrki con R. Utso, Pasi con R. Sylvi.  e Freccia, Janne con R. Valma.  Salla aveva con sé R. Imma, R. Alma e Nara, ultimo arrivo dall’Italia in casa Riekonnaurun, funzionale al progetto allevatoriale di Salla. Attilio aveva con sé Willie di Pozzo Baronzio, una giovane spinona di circa 20 mesi; come sempre R. Ukko, 4 anni, alla sua seconda esperienza lappone, mi accompagnava. Avremmo avuto 6 giorni di caccia ininterrotti.

In questa sede non mi dilungherò sulle avventure e sugli aspetti prettamente venatori di questa esperienza, benché ricchissimi ed affascinanti, talvolta inimmaginabili per chi non abbia già dimestichezza con quelle terre. Accennerò solamente alle caratteristiche dei terreni e dei selvatici per permettere a chiunque di farsi una minima idea della situazione. La caccia si svolge rigorosamente in solitaria, salvo rare eccezioni legate a precise motivazioni cinofile, e con un solo cane. Si usa il fucile solo ed esclusivamente se il cane ha lavorato la selvaggina. Seppure esistano precisi limiti agli abbattimenti stabiliti annualmente sulla base dell’andamento della riproduzione, è comunque buona norma e molto apprezzato contenere ulteriormente le catture. Legale, ma non tollerata è la cattura di due selvatici della stessa brigata; parimenti è decisamente scoraggiata la ribattuta dei selvatici.

I territori sono immensi, costituiti da fitte foreste di conifere con abete rosso e pino silvestre, e latifoglie, betulla e pioppo tremulo. Il terreno è ricoperto di arbusti tra i quali eriche, mirtilli neri e rossi, equiseto, salice nano. Frequenti sono le zone rocciose, con accumuli di pietre e enormi massi. Il fondo è coperto da spessi muschi che nascondono pietre, ceppi e tronchi d’albero, buche e crepacci. D’un tratto le foreste si aprono su vastissime torbiere intrise d’acqua solcate da ruscelli. Porzioni di brughiera prevalgono sui terreni elevati e asciutti. L’incedere è quindi sempre faticosissimo, per il cane e per il cacciatore. Sempre complesso il rientro al punto di partenza, tanto da essere assolutamente necessario l’uso del GPS. Attenzione va rivolta anche ad evitare l’incontro ravvicinato con la fauna selvatica maggiore, in particolare con l’orso che è ben presente in quelle aree.

I selvatici di interesse sono il gallo forcello, il francolino di monte, la pernice bianca nordica ed il mitico gallo cedrone. A parte la pernice bianca che frequenta anche le zone più aperte a brughiera e torbiera, gli altri hanno dimora nella foresta, spesso nel bosco fitto ai margini delle zone aperte. A differenza dell’Italia, in Scandinavia è consentito ed abituale l’abbattimento delle femmine di forcello, così come le cedrone. Il comportamento dei selvatici è estremamente elusivo, al minimo cenno di pericolo si mettono al riparo, di veloce pedina e spesso in volo. Seppure la consistenza della selvaggina sia considerevole, la loro densità va rapportata all’immensità dei territori: può essere necessario camminare chilometri per compiere un secondo incontro, una volta fatto il primo. Indubbiamente il Signore dei Boschi è il gallo cedrone, la preda più ambita per la sua maestosità e soprattutto per la difficoltà di incontro e di risoluzione positiva dell’azione venatoria. Pertanto, molti di coloro che si recano in Lapponia prediligono la caccia alle bianche alpine e nordiche nella tundra montana, priva di foreste, dove si può godere meglio il cane, là dove l’azione venatoria è più classica. Ma coloro che amano affrontare le supreme difficoltà, anche a costo di non scaricare il fucile per giorni e amano la varietà della selvaggina, trovano nella caccia in foresta pane per i propri denti. La caccia si svolge nel totale silenzio, il cane spazia autonomo senza che lo si possa vedere se non nei regolari rientri: si deve pertanto entrare in totale sintonia col nostro Spinone, dove il cacciatore ha sempre in mente la posizione del cane, ed il cane sempre ha in mente la posizione del conduttore. In tal senso potremmo dire che è una caccia “cerebrale” perché impone uno stato di coscienza particolare dovuta alla totale concentrazione di entrambi sul compito venatorio: un solo momento di distrazione ed il vostro cedrone vi ha già fregato.

Tali sono le condizioni cui sono abituati gli amici finlandesi ed i loro Spinoni: non uno di loro, Unna, Utu, Utso, Valma, Sylvi e Freccia, così come Imma, Alma e Nara, si è tirato indietro, anzi hanno svolto al massimo il loro compito per tutto il periodo. Questi Spinoni, ancora una volta, si sono meritati gli elogi e gli apprezzamenti dei proprietari grazie alle belle ed efficaci azioni condotte. Gli amici scandinavi, infatti, si attendono sempre prestazioni volitive ed estremamente concrete. Pur molto sensibili agli aspetti estetici, essi pretendono dai loro Spinoni correttezza, massima autonomia unito ad un collegamento assoluto, ferma ferrea unità alla capacità di conclusione. Ad esempio, se un cane ha bisogno di mettere il naso a terra per dipanare inizialmente le complicatissime evoluzioni di un cedrone in pastura che possono estendersi anche per centinaia di metri, nessun problema, basta che poi, alla conclusione, lo indichi con sicurezza sul vento, alla giusta distanza che permetta al cacciatore di giungere a tiro.

La foresta lappone possiede una magia incommensurabile che propone un estremo livello di difficoltà che ha il potere di mettere completamente a nudo le caratteristiche fondanti del buon cane e del buon cacciatore, soprattutto della loro capacità di intesa: in tal senso è opportuno cacciare con cani nel pieno del vigore, ma già esperti. Dal punto di vista della cinofilia venatoria è un’esperienza che ci costringe a rimettere chiaramente in linea le priorità ed i criteri valutativi di ogni soggetto. Molto spesso, purtroppo, nel nostro Paese si parla di caccia e di cani pur costretti ad accontentarci di quel poco che rimane; epifenomeno di tale impoverimento è la esaltazione, eccessiva, di quei pochi selvatici selvaggi rimasti e, a mio parere, di qualità del cane non così centrali. La Lapponia invece impone poche, ma fondamentali questioni in modo spietato e indiscutibile: il cane incontra o no? È in grado di fermare utilmente, o no? È poi in grado di condurci sul selvatico, o no? È in grado di reggere fisicamente giorni e giorni di caccia durissima, o no? Sopporta senza flessioni di concentrazione e di cerca l’assenza di incontri anche per ore o no? È in grado di leggere il terreno rivolgendosi alle zone utili e scartando quelle improduttive o no? È in grado di fare rapidamente tesoro delle esperienze, anche quelle negative, e riadattare il suo lavoro alle attuali necessità proposte dai nuovi selvatici e nuovi terreni, o no? È autonomo al massimo e comunque sempre perfettamente collegato, o no? Queste sono evidentemente le caratteristiche che ogni buon Spinone dovrebbe possedere, ma in Lapponia dovranno essere tutte al massimo livello, pena il non effettuare alcun incontro in una settimana di caccia. Ben vengano le importantissime considerazioni su stile, portamento, movimento e classe del soggetto, ma saranno considerazioni che potremo fare solo dopo che quello Spinone ci avrà dato prova di essere in grado di concludere concretamente su quella selvaggina. Del resto, non erano proprio la concretezza e la versatilità i maggiori punti di forza della nostra Razza? Non dimentichiamolo!

A mio parere, causa le mutazioni che la caccia sta subendo in Italia con una conseguente progressiva involuzione cinofilo venatoria, noi appassionati corriamo sempre più il grave rischio di dimenticarci la corretta scala delle priorità e dei criteri di valutazione dei nostri Spinoni, come del resto accade in tutte le altre razze. Dovremmo invece tutti sforzarci di guardare oltre il nostro piccolo ambito nel quale ci sentiamo comodi e sicuri, e metterci in discussione con maggior coraggio, senza pregiudizi e preconcetti, allargando il nostro orizzonte.

Andrea Selvi

 

Il commento di Salla Finnilä:

È stato un grande onore e piacere condividere la tradizionale settimana di caccia in Lapponia svedese della nostra squadra degli spinonisti finlandesi con gli amici cacciatori italiani. La settimana è stata un’esperienza della vera caccia di tipo nordico, con l’opportunità per uno scambio interculturale e di amicizia. La caccia alla selvaggina di foresta che facciamo noi – cedroni, forcelli, francolini e pernici bianche – non è la caccia dei numeri dei selvatici abbattuti. Invece è un tipo di caccia che – a causa dei terreni fisicamente duri e degli animali scaltri – impegna in un duro test la passione del cane (e del cacciatore!), l’intelligenza venatoria e la facilità d’incontro. Questi giorni faticosi ci fanno vedere chiaramente le cose di base per la caccia col cane da ferma, le cose veramente importanti: la grinta del cane che incontra e che non sbaglia con la ferma. Tutto il resto è piacevole, ma secondario: ci fa ricordare che i nostri ausiliari sono prima di tutto dei cani da caccia e secondo Spinoni.

Vorrei ringraziare dal cuore Andrea e Tito per aver condiviso la settimana con noi: l’esperienza, l’amicizia, i successi, le scoperte, le padelle, tutti i galli cedroni furbi che ci hanno fatto correre dietro ai cani, dei quali alcuni incarnierati. Spero che nel futuro più cacciatori spinonisti italiani avranno un’opportunità di avere questa esperienza di caccia nordica con la nostra squadra

 

Il commento di Attilio Bottoni:

Difficili da dimenticare i sei giorni trascorsi con la mia giovane Spinona nella Lapponia svedese. Tanti mi avevano riferito di questo spettacolo della natura, ma mai prima, nei numerosi viaggi venatori affrontati, mi era capitata questa destinazione. Ora che ho toccato con mano, ho compreso e finalmente condiviso i suggerimenti e l’entusiasmo di tutti coloro che me ne avevano parlato. Avventura vera, dura fisicamente e dove il cane, per mettersi realmente al servizio del proprio conduttore, deve senza alibi porre in gioco tutta la sua concretezza. Sia da esempio a tutto il resto d’Europa un modello organizzativo della caccia come quello scandinavo, basato su di un rigido rispetto di ambiente ed animali e in linea con una moderna e più aggiornata concezione dell’attività venatoria senza la quale, ahimè, non s’intravede un futuro. Per poter continuare a vivere queste emozioni dovrà affermarsi con sempre maggior forza la figura del cacciatore che sia al tempo stesso grande conoscitore della natura ed efficiente e professionale partner del proprio ausiliare. Da fervente spinonista, infine, mi auguro che la selezione di questa storica razza da ferma italiana sforni sempre più soggetti dotati di quell‘ “animus” in grado di affrontare terreni di tanto elevata difficoltà.

Se così sarà, per lo Spinone Italiano sarà già pronto un ruolo di assoluto protagonista.

LAPPONIA E SPINONI DI ANDREA SELVI