La Rocca delle Caminate nei secoli

Gli studi effettuati nel corso del tempo collocano l’origine della Rocca delle Caminate intorno all’anno 1000. Essa probabilmente fu eretta nell’ambito di un borgo preesistente o su un fortilizio romano. Alcune ipotesi riguardano l’attribuzione del nome: la prima lo collega alla configurazione del camminamento che accompagna le merlature del perimetro superiore, mentre un’altra fa riferimento all’esistenza di camere dotate di camini o focolari. Certamente suggestiva poi è quella che fa discendere il nome dall’esistenza nella zona di forni attrezzati con camini per produrre calce da costruzione partendo dalla roccia calcarea chiamata “spungone”. Fin dal 1177 comunque appare in alcuni atti il nome di Rigone Caminate. La posizione strategica del castello, dal quale si possono scorgere con uno sguardo le vallate dei fiumi Rabbi e Bidente, e la cui vocazione militare è leggibile nella sua struttura più antica, lo ha consegnato nei secoli al succedersi di vicende travagliate, nelle quali si sono cimentate importanti famiglie, dai Belmonti agli Ordelaffi, ai Malatesta, dai Borghese-Aldobrandini ai Doria Pamphili. Furono questi ultimi, nel 1834, a concederlo in enfiteusi ai Baccarini di Forlì. Ultimi proprietari furono i Dalle Vacche, anch’essi forlivesi. Nel 1870, quasi a concludere il lungo ciclo di distruzioni e ricostruzioni testimoniato nei secoli, un violento terremoto che colpì la Romagna danneggiò gravemente l’edificio che nei cinquant’anni successivi, anche a causa dell’incuria, si ridusse ad un cumulo di macerie.

Il primo Novecento e l’epoca mussoliniana.

Nel 1923 la Soprintendenza per l’Arte Medievale e Moderna per l’Emilia e la Romagna elaborò, col coinvolgimento dell’architetto Luigi Corsini e dell’ingegner Sesto Baccarini, un progetto di restauro per destinare l’edificio a residenza del capo del governo Benito Mussolini. Per questo scopo, infatti, un apposito Comitato raccolse, per mezzo di quello che veniva chiamato “Prestito Littorio”, circa 70.000 firme accompagnate da offerte economiche per una somma totale di 530.000 lire, che corrispondeva a quanto anticipato dallo Stato e di fatto consentì, una volta acquisita la Rocca, la realizzazione del progetto. I lavori cominciarono nel giugno del 1924 e terminarono nell’ottobre del 1927. L’inaugurazione si svolse il 30 ottobre di quell’anno alla presenza del Ministro delle Colonie Federzoni. La Rocca, integralmente rifunzionalizzata, fu da allora utilizzata da Mussolini quale residenza estiva, ma anche per ospitare eventi ed incontri, con la presenza di capi di stato, ambasciatori, autorità. Nel 1943, il 28 settembre, la Rocca ospitò la prima riunione del Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana con la presenza di Mussolini. Nell’ambito dell’edificio uno spazio importante fu riservato alla raccolta di cimeli e doni e, sempre per caratterizzarne la visibilità, fu installato sulla torre un faro tricolore che, con la potenza di 8000 candele, era in grado di raggiungere una distanza di oltre 50 chilometri. L’adiacente caserma, dove risiedeva il corpo di guardia, è tristemente nota come luogo di prigionia e tortura durante la Resistenza.

                                                                                     

Il secondo Novecento e il percorso di valorizzazione.

Nel 1962 Rachele Guidi, moglie di Mussolini e proprietaria del castello, che le fu venduto dal coniuge nel 1932, lo vendette all’Opera Nazionale Maternità e Infanzia la quale, al di là delle intenzioni, non riuscì a prevedere un utilizzo adeguato e lo rimise a sua volta in vendita. Così nel 1971 l’Amministrazione Provinciale di Forlì lo acquistò al prezzo di 48 milioni di lire, mossa in questa direzione oltre che dalla volontà di tutelare un bene di sicuro interesse storico, anche dalla necessità di scoraggiare forme di strumentalizzazione connesse al suo valore simbolico. Fino al 1982 non furono messe in atto iniziative di restauro. Solo negli anni successivi si avviò una riflessione sulle possibili destinazioni e si attuarono interventi parziali di salvaguardia e consolidamento strutturale, che più avanti interessarono anche la cinta muraria. Il dibattito sulle future destinazioni d’uso della Rocca, sempre molto vivace, prese in considerazione diverse ipotesi, da un centro studi per l’ambiente ad una sede convegnistica, da funzioni museali a proposte nel campo dell’enogastronomia. Però solo dopo il 2007 si aprì la concreta prospettiva di creare un Tecnopolo dedicato alla ricerca con finanziamenti dell’Unione Europea, i quali, integrati da uno specifico stanziamento della Provincia, hanno consentito il completamento del qualificato restauro che oggi ha reso accessibile l’intero compendio.

Il Grand Hotel di Castrocaro Terme

Inaugurato nel 1938 da Umberto di Savoia, l’hotel, grazie ai sapienti interventi di ristrutturazione, conserva la sua architettura originale e intreccia atmosfere d’epoca a elementi di lusso contemporaneo. Costruito per ospitare gli illustri personaggi del tempo che si recavano alle terme, fin dalle origini si è caratterizzato per eleganza e raffinatezza. È un vero e proprio gioiello del Déco italiano grazie in particolare all’intervento progettuale e decorativo di Tito Chini, esponente e direttore artistico della manifattura fiorentina Fornaci San Lorenzo. Opera della sua eclettica creatività sono i preziosi elementi in ceramica, ma anche i vari dipinti che ornano le pareti e le vetrate policrome che si possono ammirare in molti ambienti del Grand Hotel Castrocaro e del Paglione delle Feste, oltre che nello stabilimento termale. Tito Chini fu nominato infatti decoratore dell’intero compendio articolato nei tre edifici, che tutt’oggi colpiscono per la profonda unità stilistica.

La Zona Cinofila di Piandispino

La zona cinofila di Piandispino ha una lunga storia cinofila. La Zona, si estende per circa 1300 ettari sul territorio di tre comuni della provincia di Forlì/Cesena (Meldola, Civitella di Romagna, Sarsina), in quote che vanno dai 400 agli 800 metri s.l.m. Scarsamente antropizzata, è caratterizzata da seminativi cerealicoli ed erbacei, pascolo e macchie di bosco ceduo, mostrando una ricca biodiversità. Pittoresche alcune ampie e tipiche zone calanchive. Data la varietà e la natura dei terreni, la zona rappresenta un ambiente estremamente valido e selettivo per le prove cinofile di lavoro.

A.T.V. LE VALLICELLE

Azienda Turistico Venatoria “Vallicelle” a Rocca S. Casciano (FC) Località Villa Renosa – Podere Veteggio. Zona idonea per lo svolgimento del tipo della prova (PAV), con ampi gerbidi con impegnativi saliscendi.